lunedì 24 dicembre 2012

English Man in New York


Mi alzo ed un nuovo giorno è cominciato. Bevo il mio caffè e addento il buon pane tostato con uno straterello di burro morbido. A metà mattinata faccio il mio brunch con del tè proveniente da Londra, addirittura approvato da Sua Maestà, e dei fantastici cookies anch’essi originari del medesimo luogo.
Indosso il mio cappotto a doppio petto verde e sistemo la sciarpa granata. Esco in strada e mi tuffo in quel groviglio di strade in mezzo alla folla.
I taxi suonano il clacson, la gente si urla dai finestrini gettando meschini sproloqui a quello di fronte.
Sono nella 12th Avenue ed il paesaggio non cambia affatto quando volto l’angolo.
Bhè, devo ancora abituarmi al fracasso degli americani, tuttavia sono un inglese a New York!
Questi Yankee sono troppo schietti per i miei gusti: non hanno paura di offendere? Eppure sono così sinceri..
-Sii sempre te stesso, non importa cosa dicono gli altri!
Dice sempre così mia madre.
L’accento di qui è strano, così aperto e moscio, quasi incomprensibile e mi pare ancor difficile intendere tutto quel che mi viene detto. Il mio accento British è molto più tradizionale e l’americano non lo considero nemmeno derivante dall’ inglese.
Credo comunque che al grottesco non ci sia limite, soprattutto quando sono stato per la prima volta da Ciccio. Anche gli italiani sono sorprendenti: hanno un modo tutto loro per esprimersi, pure con i gesti!
-We wee signò! Che ordinaste? Ve conzigl’ o piatto do iuorno!
Credo che sia stata la prima volta che abbia mai sentito un italico conferire parola, sono gentilissimi e molto disponibili e lui è riuscito a comprendere, non so come, che sono inglese.
Oltre che cordiali sono pure molto attenti ai particolari questi italiani! Ed io che credevo fossero tutti pizza, mafia e mandolino. La loro lingua, la loro storia, gli usi ed i costumi… semplicemente sublimi!
Molte volte Ciccio mi istruisce sulla lingua ed io mi diverto come un pargolo in festa.
Mi ha insegnato qualcosa come “cornutooo” oppure quel fantomatico “gesto dell’ombrello” accompagnato da un poderoso “TIE’ ”. Non ho ancora afferrato bene cosa significhino, ma il tutto è strabiliantemente affascinante.
Credo che prima o poi mi adatterò bene a vivere in un luogo così interculturale e vario.
“Il mondo ha musica per chi sa ascoltare” recita Shakespeare.
Dove vivevo io in Inghilterra in un piccolo paese  non c’erano stranieri e tutto ciò che sto imparando e vivendo mi sembrano irreali.
Un nuovo mondo oltre la mia ristretta mentalità si sta aprendo dinnanzi ai miei occhi curiosi e credo che questa city aggraderà i miei bisogni culturali, dopotutto sono un uomo inglese in New York.

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