Mi alzo ed un nuovo giorno è cominciato. Bevo il mio caffè e addento il buon
pane tostato con uno straterello di burro morbido. A metà mattinata faccio il
mio brunch con del tè proveniente da Londra, addirittura approvato da Sua Maestà,
e dei fantastici cookies anch’essi originari del medesimo luogo.
Indosso
il mio cappotto a doppio petto verde e sistemo la sciarpa granata. Esco in
strada e mi tuffo in quel groviglio di strade in mezzo alla folla.
I
taxi suonano il clacson, la gente si urla dai finestrini gettando meschini
sproloqui a quello di fronte.
Sono
nella 12th Avenue ed il paesaggio non cambia affatto quando volto l’angolo.
Bhè,
devo ancora abituarmi al fracasso degli americani, tuttavia sono un inglese a
New York!
Questi
Yankee sono troppo schietti per i miei gusti: non hanno paura di offendere?
Eppure sono così sinceri..
-Sii
sempre te stesso, non importa cosa dicono gli altri!
Dice
sempre così mia madre.
L’accento
di qui è strano, così aperto e moscio, quasi incomprensibile e mi pare ancor
difficile intendere tutto quel che mi viene detto. Il mio accento British è
molto più tradizionale e l’americano non lo considero nemmeno derivante dall’
inglese.
Credo
comunque che al grottesco non ci sia limite, soprattutto quando sono stato per
la prima volta da Ciccio. Anche gli italiani sono sorprendenti: hanno un modo
tutto loro per esprimersi, pure con i gesti!
-We
wee signò! Che ordinaste? Ve conzigl’ o piatto do iuorno!
Credo
che sia stata la prima volta che abbia mai sentito un italico conferire parola,
sono gentilissimi e molto disponibili e lui è riuscito a comprendere, non so
come, che sono inglese.
Oltre
che cordiali sono pure molto attenti ai particolari questi italiani! Ed io che
credevo fossero tutti pizza, mafia e mandolino. La loro lingua, la loro storia,
gli usi ed i costumi… semplicemente sublimi!
Molte
volte Ciccio mi istruisce sulla lingua ed io mi diverto come un pargolo in
festa.
Mi
ha insegnato qualcosa come “cornutooo” oppure quel fantomatico “gesto
dell’ombrello” accompagnato da un poderoso “TIE’ ”. Non ho ancora afferrato
bene cosa significhino, ma il tutto è strabiliantemente affascinante.
Credo
che prima o poi mi adatterò bene a vivere in un luogo così interculturale e
vario.
“Il
mondo ha musica per chi sa ascoltare” recita Shakespeare.
Dove
vivevo io in Inghilterra in un piccolo paese non c’erano stranieri e tutto ciò che sto
imparando e vivendo mi sembrano irreali.
Un
nuovo mondo oltre la mia ristretta mentalità si sta aprendo dinnanzi ai miei
occhi curiosi e credo che questa city aggraderà i miei bisogni culturali,
dopotutto sono un uomo inglese in New York.
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